La diversità che libera


Gruppo di turisti in moschea blu, Amman
Che cosa è il luogo se non l’incontro della diversità?

Dal dialogo fra due pensatori della nostra attualità, il teologo della liberazione brasiliano Leonardo Boff e il sociologo portoghese Boaventura de Sousa Santos, “La diversità che libera” è un volume alla portata di tutti che avvicina ad un modo di intendere l’oggi, rimanendo saldi nel vedere il mondo come un’unità di diversificazione, ampliando il proprio orizzonte percettivo e conoscitivo.

Gli intellettuali

BdSS: “Quale è la posizione di noi intellettuali in questo momento? Siamo portatori di un sapere militante; è sempre stato un pensiero critico e militante ma vivo con l’angoscia che questo sapere per molto tempo è stato un sapere di avanguardia. La mia aspirazione è essere un ignorante illuminato, un erudito ignorante per così dire; per questo ho proposto i concetti di “ecologia dei saperi” e di “traduzione interculturale”, perchè mostrano i limiti del pensiero e di ciascuno dei paradigmi con cui lavoriamo. Abbiamo necessità di integrare conoscenze diverse. Per raggiungere il grande progresso di andare sulla Luna abbiamo bisogno della scienza, ma se vogliamo preservare la biodiversità abbiamo bisogno dei “saperi indigeni” e dei “saperi contadini”, ovvero conoscenze diverse per obiettivi diversi. Dobbiamo comprendere a fondo questo fatto.

Qual’è dunque il nostro ruolo? Non siamo propriamente “l’intellettuale organico” di Gramsci (consiglio di approfondimento: “Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura”, di Antonio Gramsci). Come ho detto prima, io parlo di “intellettuale di retroguardia”. Come si vede lei in questa circostanza, come intellettuale e, in fondo, come attivista?”.

LB: “Non formulo la mia prospettiva allo stesso modo ma penso di agire allo stesso modo. Mi considero un pò come un intellettuale e penso che il nostro compito sia di assumere una responsabilità etica. Per questo l’etica è molto importante, come l’etica dei valori, l’etica della negazione, di ciò che viene distrutto in termini di vita, delle relazioni tra persone, comunità e popoli, e così via. L’intellettuale si mette al servizio della vita come valore etico nel senso classico dei greci, non come una funzione biologica. Quando parlavamo di ethos pensavamo alla casa, non in quanto edificio ma come quella porzione della natura che ci si riserva di poterci vivere con senso, e per potersi relazionare con gli altri. Quindi nel senso esistenziale della casa. L’intellettuale deve essere “un intellettuale seminale”, ovvero capace di suscitare nei suoi ascoltatori sentimenti di natura radicalmente umana. Non vuol dire che l’intellettuale debba avere questo proposito, perchè non ha questo potere, ma deve farlo emergere articolando il discorso e relazionandosi. In fondo, deve creare una speranza al di là di tutte le speranze, e deve essere un motore di entusiasmo, di volontà di vivere, e prospettare il cammino”.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *